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    UN NUOVO MODO DI VIVERE LO SPORT

    10 marzo 2021

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    BSport: storia di un innovatore

    Oggi vogliamo raccontarti la storia di un altro innovatore e di come sia riuscito a trasformare la sua passione per lo sport in un’impresa di successo. Stiamo parlando di Giulio Biasi, un giovane sportivo che ha inventato un modo per rivoluzionare il mondo degli sport amatoriali.

    Come ci è riuscito?!

    Gli ingredienti, probabilmente, sono sempre gli stessi: tanta passione, duro lavoro, un team affiatato e la capacità di pensare fuori dagli schemi! Lasciamo che sia direttamente lui a raccontarci della sua idea.

     

    1) Come nasce la tua passione per lo sport?


    Prima di iniziare ci tengo a ringraziare BusForFun per aver pensato a BSport e averci concesso questo spazio.
    Rispondendo alla domanda: la mia passione inizia come per tutti da bambino, grazie ai miei genitori e ai campioni di quei tempi. Mio padre ha sempre amato e praticato il calcio, fino a quando un brutto infortunio al ginocchio lo ha costretto ad abbandonare i campi, che continuava a calpestare con grande passione nonostante l’età avanzasse. Dall’altra parte mia madre, che è la vera esperta della materia: laureata in scienze motorie, insegnante di educazione fisica e grande amante dello sport. Nascendo in questo ambiente ho sviluppato fin da piccolo una predisposizione per lo sport che mi ha portato già dall’infanzia ad iscrivermi alla scuola calcio. Ho sempre inteso lo sport come un gioco, una passione e un divertimento, senza mai ambire veramente a grandi traguardi, anche perchè forse non ne avevo veramente le capacità (ride). Negli anni, grazie alla grande curiosità che mi caratterizza, ho scoperto altri sport che mi hanno permesso di avere un contatto più stretto con la natura e di affacciarmi ad altre pratiche che mi stanno appassionando molto.

     

    2) Cos’è BSport? Cosa ti ha spinto a creare una realtà del genere? Da dove sei partito?
     

    BSport è una realtà che vuole promuovere le associazioni, le società e la pratica sportiva in generale nel nostro territorio. Noi partiamo da un presupposto semplice, ma forse non così scontato: l’uomo è nato per muoversi e correre, è geneticamente predisposto a percorrere circa 25 km al giorno, a fronte di uno stile di vita che oggi ci vuole sempre più sedentari. Il nostro obiettivo è valorizzare e promuovere la pratica sportiva, supportando i soggetti che operano in questo ambito (es. società sportive, centri sportivi) ed incentivandoli ad attuare modelli di gestione innovativi. Per farlo dovevamo innanzitutto superare il gap tecnologico ed organizzativo che c’è tra il nostro territorio e le realtà più virtuose (sia a livello nazionale che internazionale). La nostra attività inizia, oltre 6 anni fa, con il calcio, la mia prima grande passione. Potrei dire che tutto è iniziato per gioco, quando, appena rientrato da Milano, decisi di portare a Lecce un format di campionato amatoriale che tanto avevo apprezzato durante i miei anni di studio fuori. Così, insieme ad un amico, ho lanciato UniLeague Lecce, campionato amatoriale di calcio a 7, riservato ai ragazzi che ruotano intorno al mondo universitario. All’inizio non è stato facile, eravamo poche squadre ed il torneo è durato poco, ma grazie al nostro modo di intendere il calcio ed il lavoro, siamo riusciti a farci notare presto. L’idea di base era di proporre qualcosa di diverso rispetto alla concorrenza, qualcosa che rendesse il nostro prodotto innovativo. Così abbiamo introdotto le interviste a fine gara, realizzate da ragazze e ragazzi preparati e solari, poi highlights delle partite più belle della settimana e soprattutto una presenza costante e studiata sui social network. Penso che sia stata questa ricchezza di servizi e la volontà di alzare sempre di più l’asticella che ci ha permesso di distinguerci e farci apprezzare in poco tempo dal pubblico: eravamo la novità! L’anno dopo le squadre raddoppiarono e grazie a questo successo capì che ero sulla strada giusta e che avrei dovuto continuare ad insistere su questo prodotto e proporlo per altri target. Così lanciai la Gazzetta Football League, edizione leccese del campionato nazionale sponsorizzato dalla Gazzetta Dello Sport, ed il successo di UniLeague è stato anche superato, potendo attingere ad un bacino di sportivi più ampio. Da lì la crescita è stata continua.

     

     

     

     

     

     

    3) Quali sono i principali limiti e/o le criticità che (spesso) caratterizzano il mondo degli sport amatoriali?


    Una criticità sostanziale è la mancanza di organizzazione! Le squadre di calcio amatoriale sono spesso composte da amici che intendono le competizioni come un passatempo,da affrontare con una certa superficialità, pretendendo però allo stesso tempo il massimo dall’organizzazione. Penso che grazie alla nostra dedizione siamo riusciti a trasmettere il nostro spirito anche ai giocatori, che con il tempo hanno compreso che la buona riuscita di un evento sportivo dipende anche dal loro atteggiamento e quindi dalla serietà di chi vi partecipa.
     

    4) Che risultati avete raggiunto finora? Sei soddisfatto del lavoro svolto?


    Per me siamo sempre all’inizio, penso sia ancora presto per tirare le somme. Generalmente non riesco mai a godermi fino in fondo quanto ho ottenuto perchè il mio sguardo è sempre rivolto più in là. Credo che non bisogni mai accontentarsi di quanto raggiunto, ma puntare a migliorare quanto fatto fino a quel punto per poter crescere. Nonostante questo, se mi fermo a riflettere non posso che essere contento di quanto abbiamo costruito.
    Partendo da un torneo che coinvolgeva meno di 50 ragazzi, siamo arrivati a contare più di 800 giocatori che partecipano agli eventi da noi organizzati o con cui collaboriamo. Inoltre, siamo riusciti ad organizzare eventi di successo e collaborare con operatori internazionali. Un esempio di grande successo è il Gatorade5v5, competizione internazionale promossa dalla società Gatorade, nella quale siamo riusciti a raggiungere il limite massimo di squadre partecipanti, superando i numeri di metropoli come Milano, Roma e Torino. 
    Con il tempo siamo riusciti anche ad ampliare il nostro raggio di azione, arrivando collaborare con diverse realtà sportive del territorio, come la Kick Off Academy, scuola calcio del Kick Off Sport Center, uno dei migliori centri sportivi del Sud Italia, della quale abbiamo assunto la direzione.

     

    5) Gli sportivi che hanno partecipato ai vostri eventi sono contenti del vostro modo di gestirli? Qual è la cosa che apprezzano maggiormente secondo te?


    Spero proprio di si e i numeri sembrano confermarlo. Ogni anno aumentano le richieste e le proposte di collaborazione. Per i campionati, ad esempio, spesso ci troviamo a dover rifiutare diverse squadre perché non le riteniamo in linea con la nostra filosofia o perché semplicemente abbiamo raggiunto il numero massimo di squadre iscrivibili. Credo che le persone apprezzino la nostra dedizione, ma soprattutto la passione con cui lavoriamo. Ogni membro dello staff dà sempre il massimo ed è questo che alla fine fa la differenza. Siamo un team che corre nella stessa direzione, con un obiettivo comune e ognuno fa del suo meglio affinché lo si possa raggiungere.

     

     

     

     

     

     

    6) Come state affrontando questo periodo di stop? Ci sono nuovi progetti in cantiere?


    Il calcio amatoriale è ovviamente fermo e purtroppo lo è anche quello dilettantistico, settore in cui abbiamo lavorato lo scorso anno e che ha subito un brutto colpo. Le aziende hanno difficoltà economiche e sono restie ad investire in sponsorizzazioni, visto che non si sa se e come si giocheranno i campionati.
    Per fortuna vanno avanti i lavori con la Kick Off Academy e con gli oltre 180 bambini iscritti. Questa è una nuova sfida che stiamo affrontando con la serietà e professionalità di sempre.
    BSport è un cantiere per definizione: il settore sportivo è in continua innovazione e noi vogliamo sempre essere al passo con i tempi per offrire il meglio al nostro pubblico e al territorio in generale.

     

    7) Oltre al progetto BSport, ultimamente ti sei avvicinato anche agli eSports. Cosa ti attira di questo settore?

     

    Da circa un anno ho intrapreso questa nuova avventura, fondando con un team di amici, nonchè grandi professionisti, Egency Esport, agenzia specializzata nel settore dei videogiochi competitivi. Non posso nascondere che ci sta dando grandi soddisfazioni. In generale, mi affascina l’innovazione e questo è forse uno dei settori più innovativi al momento. Il mondo dell’intrattenimento sta andando incontro ad una contaminazione tra esport, sport, musica e spettacolo, con una evidente sinergia tra sport reali e esport. E’ un settore estremamente dinamico e in un anno siamo riusciti a fare passi da gigante e ad arrivare ad un punto che non era immaginabile neanche nelle migliori delle ipotesi. Il lavoro di squadra sta dando dei risultati pazzeschi e siamo riusciti a creare una realtà che si sta affermando nel settore esportivo, grazie alla passione e al duro lavoro di tutti noi.

     

    8) Secondo te c’è il rischio che in futuro gli eSports possano “cannibalizzare” la pratica sportiva tradizionale? Cosa risponderesti a chi teme la diffusione di questa nuova forma di competizione?

     

    Non credo che questo sia un rischio reale. Lo sport risponde ad un'esigenza fisiologica dell’uomo, nato per muoversi e correre, mentre videogiochi rispondono al bisogno di svago ed intrattenimento. Penso che una cosa non escluda l’altra. Mi fa piacere vedere che si sta creando una grande sinergia tra i due mondi e sono convinto che se approcciati in modo serio e professionale gli esport possano diventare un mezzo per avvicinare più ragazzi agli sport. Oggigiorno vediamo numerosi campioni di videogames che competono a livello professionistico in team organizzati, con uno staff preparato che lavora per prendersi cura di loro. E’ ormai pratica diffusa nei migliori team che le sessioni di allenamento ai videogiochi siano alternate a sessioni in palestra o in generale di attività motoria, perché le prestazioni dei videogiocatori dipendono dal loro benessere psicofisico. Anche questo è parte di ciò che gli esports devono insegnare. Penso che l’attenzione circa la salute dei bambini debba essere spostata sulla carenza di strutture e spazi pubblici dove poter svolgere liberamente e gratuitamente l'attività sportiva, piuttosto che sull’attività videoludica. E’ ovvio che bisogna evitare di passare ore davanti ad uno schermo, ma questo discorso vale tanto per i videogiochi, come per gli smartphone, i computer o la televisione. Come ogni cosa ci vuole equilibrio e nel futuro che io immagino ci sarà il tempo per lo sport e quello per i videogiochi. Nella vita bisogna agire secondo misura.

     

     

     

    Intervistare Giulio è stato davvero un piacere. La sua passione si percepisce in ogni singola parola. La sua storia ci insegna a credere sempre nel valore delle nostre idee e a lavorare con dedizione e perseveranza per realizzarle.

    Speriamo di essere riusciti ad ispirarti e soprattutto ci auguriamo di averti trasmesso la giusta motivazione. Per cosa?! Ma è ovvio! Per continuare a praticare sport con regolarità (se già lo fai) o per iniziare a farlo quanto prima. Tieni presente che il prossimo campionato potrebbe essere tra qualche settimana… non vorrai farti trovare impreparato!

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