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24 Marzo 2021
Oramai la parola smart working è entrata a far parte del nostro gergo quotidiano.
Da un report dell’Istat, nel 2019 chi praticava lo smart working era appena lo 0,8% degli occupati (poco meno di 200mila lavoratori). L’emergenza sanitaria ha cambiato totalmente le carte in gioco e il lavoro agile è stato "determinante per preservare i livelli occupazionali e limitare la mobilità quotidiana, soprattutto nelle aree urbane" come osservato dall’Istat stesso.
Ora il termine smart working lo ritroviamo non solo citato nei decreti del Presidente del Consiglio, ma gli vengono addirittura dedicati interi paragrafi, che riguardino il pubblico o il privato.
I vantaggi dello smart working sono sotto gli occhi di tutti, ma non significa che questa pratica andrà a sostituire completamente il lavoro in ufficio.
Basandosi su flessibilità e libera organizzazione del tempo, la scelta del dove e quando lavorare diventa sicuramente un fattore determinante, e insostituibile, per riuscire a trovare un ottimo equilibrio tra la vita privata e quella lavorativa. Ma teniamo presente che la diffusione dello smart working è stata resa possibile anche grazie all’utilizzo delle moderne tecnologie digitali. È stato grazie all’uso di queste che in nell’ultimo anno il mondo del lavoro è diventato più “umano”. E da come si stanno evolvendo le cose, sarà sempre più importante riuscire a combinare assieme e far coesistere il fattore umano con il fattore tecnologico.
Stando alle statistiche, sia in Europa che In Italia, due dipendenti su tre si aspettano di lavorare da remoto più spesso del solito in quella che sarà la nuova normalità post pandemia.
Soffermiamoci ora sui svantaggi dello smart working. Essere fisicamente presente in ufficio (specialmente se si tratta di spazi di condivisi o coworking) è impagabile per il valore sociale; i lavoratori hanno bisogno dello scambio di idee, di confronto e di brainstorming.
È vero che le metodologie di lavoro stavano già cambiando prima dell’emergenza sanitaria, ma continuando a comunicare solo attraverso videoconferenze, le aziende saranno in grado di raggiungere i loro obiettivi e generare innovazione allo stesso modo? Studi scientifici hanno dimostrato che, se da un lato lo smart working incrementa l’autonomia e riduce lo stress, dall’altro diminuisce le capacità cognitive dell’individuo e richiede un maggior sforzo mentale (o zoom fatigue come viene anche definito l’“affaticamento da videoconferenza”). Ne vengono colpiti in particolare coloro che sono entrati da poco nel mondo del lavoro e devono poter usufruire delle preziose opportunità di apprendimento, necessitano di confrontarsi con i colleghi e i responsabili e di interagire con loro. O pensiamo per esempio a chi condivide l’abitazione con altre persone e ha bisogno di uno spazio adeguato, confortevole e professionale per poter svolgere l’attività.
Il protrarsi dell’attività lavorativa da remoto a lungo andare potrà risultare pesante, far diminuire la produttività del dipendente e gli renderebbe difficile rimanere aggiornato su quanto accade in azienda.
La maggior parte delle imprese ha dovuto adattarsi e cercare soluzioni alternative per continuare a sopravvivere, come appunto lo smart working. Ma quando la maggior parte di queste riaprirà i cancelli, dovrà riadattare gli spazi alle norme sul rispetto del distanziamento sociale per garantire la salute e la sicurezza dei loro dipendenti in sede.
Molti dirigenti di importanti imprese bancarie non vedono di buon occhio il protrarsi dello smart working, al contrario sostengono a piena voce l’immediato rientro in ufficio dei propri dipendenti una volta che l’emergenza sanitaria sarà terminata. Tra di loro, David Solomon, l’amministratore delegato di Goldman Sachs, una delle più grandi banche d'affari del mondo; Jes Staley il ceo di Barclays, la multinazionale britannica di investimenti e società di servizi finanziari, e Chuck Robbins, il ceo di Cisco, l’azienda multinazionale specializzata nella fornitura di apparati di networking, solo per citarne alcuni. Anche Google, aiutata dalla grossa campagna vaccinale negli Stati uniti e sostenitrice del lavoro “in presenza” per creare cultura aziendale, farà rientrare in ufficio i suoi dipendenti quanto prima, investendo ben 7 miliardi di dollari in immobili.
Nel Report Mondiale sul Trasporto Pubblico elaborato da Moovit, l’app dedicata alla mobilità utilizzata da pendolari di tutto il mondo, sono stati raccolti tutti i dati relativi al trasporto pubblico e alla mobilità urbana, sia in Italia che nel mondo, nel corso del 2020.
Il report si rivela una preziosa fonte di informazioni soprattutto per le amministrazioni locali e le aziende di trasporto pubblico locale che dovranno riorganizzare la mobilità per i cittadini e i lavoratori. Dai dati riportati nel report emergono emerge tutto l’impatto che ha avuto la diffusione del covid-19 sulle scelte dei pendolari nei riguardi della mobilità pubblica.
Quasi tre quarti delle persone intervistate afferma di esser preoccupato per la sua salute, ma soprattutto non si sente sicuro nell’utilizzare i mezzi pubblici. Per quanto riguarda l’Italia, lo smart working e la chiusura delle attività commerciali hanno fatto registrare una forte diminuzione degli spostamenti quotidiani degli utenti, dove in molti l’hanno abbandonato in favore di mezzi privati e/o alternativi di micro mobilità (dove possibile), specie quando i mezzi pubblici non raggiungono il loro luogo di lavoro e si sentono più sicuri ad utilizzarli come mezzo di trasporto.
Nei mesi di marzo e aprile 2020 la diminuzione è stata marcata e maggiore rispetto agli altri Paesi, registrando un calo del 90%. A seguire, nel mese di luglio si nota che l’utilizzo dei mezzi pubblici è ancora inferiore del 40% mentre gli spostamenti individuali registrano una ripresa quasi totale.
Cosa significa questo? Che gli utenti che necessitano di utilizzare un mezzo per recarsi dalla propria abitazione al luogo di lavoro e altra destinazione, durante l’emergenza sanitaria hanno perso la fiducia nei mezzi pubblici e non si sentono sicuri nell’utilizzarli. Le lunghe attese alle fermate e il fatto che le aziende di trasporto locale non riescano a garantire il distanziamento sociale ha fatto nascere nelle persone la paura di esser contagiati.
Le persone chiedono mezzi sicuri, poco affollati e igienizzati costantemente, il rispetto del distanziamento non solo a bordo, ma anche alle fermate, corse più frequenti per evitare assembramenti e tempi di percorrenza ridotti. In che modo?
Un modo per ripartire in sicurezza c’è. È il Commuting, un innovativo servizio intelligente di navette aziendali che permette di raggiungere il posto di lavoro in modo sicuro e risolvere, al tempo stesso, uno di più spinosi problemi quotidiani. Attraverso una piattaforma online, i lavoratori prenotano il proprio posto nel bus, scegliendo orario e fermata, evitando cosi di salire sui mezzi pubblici o utilizzare la propria auto.
Del Commuting e del problema dell'assembramento sui mezzi te ne avevamo parlato anche qui:
- Il Commuting post Covid, le nuove risoluzioni
- Assembramenti sui mezzi, no grazie! Le nostre proposte al problema del trasporto pubblico
Se trovi l’argomento interessante e ritieni che il servizio di navette casa-lavoro possa essere un servizio utile, puoi approfondire qui, condividere l’articolo e parlarne ai tuoi contatti.
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